Analisi-inchiesta: EuroBang e diritti. Verso la Costituzione europea
Arturo Salerni
|
Stampa |
Il Parlamento europeo viene eletto a suffragio universale
diretto dai cittadini europei per un termine di cinque anni: “Il numero dei
suoi membri non può essere superiore a settecento. La rappresentanza dei
cittadini europei è garantita in modo regressivamente proporzionale, con la
fissazione di una soglia minima di quattro membri del Parlamento europeo per
Stato membro” [1].
Per il Consiglio europeo, composto dai Capi di Stato o di
governo degli Stati membri, dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della
Commissione, è previsto che esso debba dare all’Unione (articolo 16 del testo
proposto dal Presidium) “gli impulsi necessari al suo sviluppo” e che
debba definirne gli orientamenti “e le sue priorità politiche generali”.
Vi è poi - ed anche la numerazione evidenzia l’assoluta
precarietà della formulazione proposta, proprio per l’evidente conflitto si
è già mostrato e che tenderà a crescere sul punto in esame - un articolo 16
bis, riferito al ruolo del Presidente del Consiglio. Già la formulazione
proposta dal Presidium è frutto di una prima mediazione (ad esito di uno
scontro violentissimo) tra le posizioni espresse da Giscard e quelle espresse in
particolare dal Presidente della Commissione europea.
Ne riportiamo il testo: “Il Presidente del Consiglio
europeo è eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata per un periodo
di due anni e mezzo. Il suo mandato è rinnovabile una volta. Per essere eletto
egli deve essere membro del Consiglio europeo o averne fatto parte per almeno
due anni. In caso di impedimenti gravi, il Consiglio europeo può porre fine al
suo mandato secondo la medesima procedura.
Il Presidente del Consiglio europeo assicura al suo livello
la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica
estera e di sicurezza comune.
Il Presidente del Consiglio europeo presiede ed anima i
lavori del Consiglio europeo e ne assicura la preparazione e la continuità.
Egli si adopera per facilitare la coesione ed il consenso in seno al Consiglio
europeo. Egli presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle
sue riunioni.
Il Consiglio europeo può decidere per consenso di creare al
suo interno un Ufficio di presidenza composto da tre membri scelti secondo un
sistema equo di rotazione.
Il Presidente del Consiglio europeo non può essere membro di
un’altra istituzione europea o esercitare un mandato nazionale”.
Tra le proposte vi è quella formulata tra gli altri dal
premier britannico Tony Blair di elezione diretta del Presidente dell’Unione,
nonché quella di un mandato quinquennale (attualmente il Presidente riceve un
incarico semestrale ed esiste una rotazione nell’attribuzione dell’incarico
tra tutti i quindici paesi che compongono l’Unione: nel 2003 si passa dal
semestre di presidenza greco al semestre italiano).
Pur se non può essere respinto l’argomento per cui un
presidente eletto direttamente dal popolo potrebbe costituire un fattore di
accelerazione del processo fondativo di una Unione forte, è sicuramente
evidente che una tale prospettazione condurrebbe sin da subito ad un
impoverimento della dialettica democratica, ad una imitazione forzosa di altri
modelli di democrazia, al mancato riconoscimento della complessità della
pluralità delle esperienze politiche, nazionali, di aggregazione sociale, che
costituiscono la ricchezza ed il portato storico del vecchio continente.
Organismo dotato della funzione legislativa, “che
esercita congiuntamente al Parlamento europeo”, è - secondo la proposta
del Presidium - il Consiglio dei ministri che è composto da un rappresentante
(ovvero un ministro) per ciascuno Stato membro in un determinato ambito. Il
Consiglio dei Ministri esercita altresì “funzioni di definizione delle
politiche e di coordinamento”.
Si prevede che - salvo espressa indicazione contenuta nella
Costituzione dell’Unione - “il Consiglio delibera a maggioranza
qualificata”. Il fatto che - per la quasi totalità delle materie - si
preveda di non ricorrere all’unanimità dei voti per l’approvazione delle
decisioni del Consiglio significa certamente un passo in avanti per l’Unione.
Secondo il testo elaborato dal Presidium “quando il Consiglio europeo o il
Consiglio dei ministri deliberano a maggioranza qualificata, quest’ultima è
definita come voto della maggioranza degli Stati membri, che rappresenti almeno
i tre quinti della popolazione dell’Unione” (e non quindi i tre quinti
degli Stati aderenti).
Si prevedono nel testo un Consiglio “Affari Generali”
(che “prepara, con il concorso della Commissione, le riunioni del Consiglio
europeo”), un “Consiglio legislativo” (che “delibera, e si
pronuncia congiuntamente al Parlamento europeo, sulle leggi quadro europee”),
un Consiglio “Affari esteri” (che “elabora le politiche esterne
dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e
assicura la coerenza della sua azione” e che “è presieduto dal
ministro degli Affari esteri dell’Unione”), un Consiglio “Affari
economici e finanziari”, un Consiglio “Giustizia e sicurezza”.
Il testo elaborato dal Presidium prevede che “la
Commissione europea tutela l’interesse generale europeo. Essa vigila sull’applicazione
delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù della Costituzione. Essa
esercita altresì funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione,
secondo le disposizioni stabilite dalla Costituzione”.
Un punto che ha fatto sorgere le prevedibili proteste dei
Paesi più piccoli è quello che prevede la presenza al suo interno di quindici
componenti (e tra essi del Presidente) - e non quindi di venticinque, tanti
quanti i Paesi che comporranno l’Unione - e l’assistenza di Commissari
delegati.
Si sottolinea inoltre l’indipendenza dei componenti la
Commissione dai Paesi da cui provengono e dai governi: “La Commissione
esercita le sue responsabilità in piena indipendenza. Nell’adempimento dei
loro doveri, i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni
da alcun governo né da alcun organismo”.
Un lungo articolo (l’art.18 bis) è dedicato al Presidente
della Commissione europea.
Il Presidente della Commissione europea, secondo la proposta
formulata dal Presidium, è eletto dal Parlamento europeo con il voto della
maggioranza dei suoi componenti, su proposta - formulata a maggioranza
qualificata - del Consiglio europeo “tenuto conto delle elezioni del
Parlamento europeo”. Quindi il Presidente della Commissione riceve una
forte investitura che deriva dalla elezione da parte del Parlamento. Ciò
determina la presenza - ai vertici dell’Unione - di due figure (il Presidente
del Consiglio europeo ed il Presidente della Commissione europea) con l’equilibrio
che ne può derivare ma anche con i possibili conflitti che una simile
situazione rischia di determinare.
Una procedura complessa è quella prevista per la
designazione dei tredici componenti della Commissione (un altro è il Presidente
per il quale abbiamo già visto, l’altro ancora il ministro degli Affari
esteri del quale parleremo tra poco): “Ciascuno Stato membro redige un
elenco di tre persone, tra le quali vi è almeno una donna, che ritiene
qualificate per esercitare la funzione di Commissario europeo. Tra di esse il
presidente eletto designa quali membri della Commissione, tenendo conto degli
equilibri politici e geografici europei, fino a tredici persone, scelte per la
loro competenza e il loro impegno europeo, che offrano garanzia di indipendenza.
Il presidente e le persone designate per divenire membri della Commissione sono
soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione da parte del Parlamento
europeo.”
Si prevede ancora - altro elemento molto significativo - la
responsabilità collettiva della Commissione dinanzi al Parlamento europeo, il
quale “può adottare una mozione di censura della Commissione”, che
se adottata comporta il fatto che “i membri della Commissione devono
abbandonare collettivamente le loro funzioni”: una vera e propria mozione
di sfiducia.
Il Presidente “definisce gli orientamenti nel cui quadro
la Commissione esercita i suoi compiti”, “ne decide l’organizzazione
interna”, “nomina dei vice presidenti”. Inoltre “il
presidente può nominare dei commissari delegati, scelti tenendo conto degli
stessi criteri seguiti per i membri della Commissione. Il loro numero non può
superare quello dei membri della Commissione”.
Il ministro degli Affari esteri - che come abbiamo visto è
un componente della Commissione europea -, il quale “guida la politica
estera e di sicurezza comune dell’Unione” è nominato dal Consiglio
europeo (e cioè dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri) che delibera a
maggioranza qualificata con l’accordo del presidente della Commissione.
“Il ministro degli Affari esteri contribuisce con le sue
proposte all’elaborazione della politica estera comune e la attua in qualità
di mandatario del Consiglio”, e cioè fa parte della Commissione (della
quale è uno dei vicepresidenti) ed al tempo stesso agisce per conto del
Consiglio europeo. “Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la
politica di sicurezza e di difesa comune”.
Il Tribunale e la Corte di Giustizia dell’Unione europea
assicurano “il rispetto della Costituzione e del diritto dell’Unione”.
“La Corte di Giustizia è competente:
- a pronunziarsi sui ricorsi presentati dalla Commissione,
da uno Stato membro, da un’istituzione o una persona fisica o giuridica [...];
- a pronunziarsi, in via pregiudiziale, su richiesta dei
giudici nazionali, sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla
validità degli atti adottati dalle istituzioni;
- a pronunziarsi sulle impugnazioni delle decisioni emesse
dal Tribunale, o a titolo eccezionale, a riesaminare tali decisioni, alle
condizioni previste dallo statuto della Corte”.
Un ruolo fondamentale viene ovviamente svolto dalla Banca
centrale europea, che viene prevista appunto (a differenza di quanto avviene
nella nostra costituzione) quale organo avente rilevanza costituzionale.
Essa “dirige il sistema europeo di banche centrali, di
cui fa parte unitamente alle banche centrali nazionali.
L’obiettivo principale della Banca è il mantenimento della
stabilità dei prezzi”. L’obiettivo della lotta all’inflazione diviene
così principio costituzionale (che supera ogni altro obiettivo di sviluppo
economico e sociale), per cui la Banca, “fatto salvo l’obiettivo della
stabilità dei prezzi”, “sostiene le politiche economiche generali
dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione”.
“La Banca definisce ed attua la politica monetaria dell’Unione.
Essa ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro, valuta
dell’Unione. Essa svolge ogni altra funzione di banca centrale”; essa è
dotata di personalità giuridica ed è indipendente: “le istituzioni e gli
organi dell’Unione e i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare
questo principio”. Insomma la Banca è sacra, intoccabile.
“Nei settori di sua competenza, la Banca è consultata
su ogni progetto di atto dell’Unione nonché su ogni progetto di atto
normativo a livello nazionale, e può formulare pareri”: la Banca diviene
un oracolo onnisciente e onnipresente.
Peraltro, ed ecco tornare una delle tante anomalie dell’Unione,
“gli Stati membri che non hanno adottato l’euro, nonché le rispettive
banche centrali, conservano le loro competenze nel settore monetario”.
La Corte dei Conti “esamina i conti di tutte le entrate
e le spese dell’Unione ed accerta la sana gestione finanziaria”. Anch’essa
è un’autorità indipendente.
Si prevede poi una serie di organi consultivi dell’Unione ,
che assistono il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione.
Si tratta del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale.
Il primo “è composto dalle collettività regionali e
locali che sono titolari di un mandato nell’ambito di una collettività
regionale o locale, o politicamente responsabili dinanzi ad un’assemblea
eletta”.
Il secondo “è composto da rappresentanti delle
organizzazioni di datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori
della società civile rappresentativa, in particolare nei settori
socioeconomico, civico, professionale e culturale”.
12. Verso l’Unione politica?
L’esame dei primi quattro titoli della prima parte del
progetto di costituzione (prima parte titolata “Architettura costituzionale”)
richiederà sicuramente un successivo sguardo alla luce di quello che nei
prossimi mesi sarà il cammino del testo costituzionale oggi all’esame della
Convenzione. Ad essi segue un titolo quinto in cui si esaminano le tipologie di
atti che l’Unione può utilizzare (legge europea, legge quadro europea,
regolamenti delegati, atti esecutivi), con un particolare riferimento a quello
che viene denominato “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, al quale
è dedicato un progetto sicuramente molto articolato e complesso, un titolo
sesto riferito alla vita democratica dell’Unione, il settimo relativo alle
finanze dell’Unione, l’ottavo sull’azione dell’Unione nel mondo, il nono
sulle relazioni tra l’Unione e gli stati vicini, il decimo sull’appartenenza
all’Unione. Ad essi ci dedicheremo nel prossimo numero della rivista. E nel
prosieguo di questo dossier analizzeremo la parte seconda del progetto (“Le
politiche e l’attuazione delle azioni dell’Unione”).
Abbiamo già detto che si tratta - quello del processo di
costruzione dell’Unione - di un capitolo decisivo per l’assetto dei nostri
ordinamenti e per il futuro della nostra vita politica e sociale. Il compito che
la rivista si è prefisso - ed in questo modo cerchiamo di contribuire ad
attuarlo - è quello di una analisi attenta delle grandi trasformazioni che
coinvolgono la nostra società, il modo di produrre, il lavoro, la vita
collettiva: l’Europa che sta nascendo ne costituisce uno snodo fondamentale,
la riflessione e l’azione dei soggetti collettivi non possono prescinderne.
[1] Articolo 15, secondo comma.