Analisi-inchiesta: EuroBang e diritti. Verso la Costituzione europea
Arturo Salerni
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Afferma l’art. 28 che “i lavoratori ed i datori di
lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto
comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di
concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati e di ricorrere, in caso
di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro
interessi, compreso lo sciopero”. La posizione attribuita al diritto di
sciopero non appare per la verità, nella costruzione dell’articolo 28 della
Carta, caratterizzata da quella centralità che invece - in relazione alle
concrete possibilità di azione rivendicativa da parte delle classi lavoratrici
dovrebbe avere. Ciò richiede la necessità di un’azione congiunta a livello
europeo da parte delle forze sindacali per la tutela di un principio e di un
diritto, che è assolutamente imprescindibile se si mira ad un complessivo
miglioramento delle condizioni economiche e normative del lavoro dipendente, ed
al rafforzamento delle sue posizioni e garanzie.
Anche l’art.30 afferma un diritto, quello “alla tutela
contro ogni licenziamento ingiustificato” - che ad esempio non è
contenuto nella pur avanzatissima Costituzione italiana - per poi relativizzarlo
con la solita espressione “conformemente al diritto comunitario e alle
legislazioni e prassi nazionali”.
L’art. 31 afferma il diritto di ogni lavoratore “a
condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose” e “a una limitazione
della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali
e a ferie annuali retribuite”. Manca una previsione simile a quella
contenuta nell’art.36 della Costituzione italiana, per cui “il lavoratore
ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo
lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza
libera e dignitosa”.
Nell’art.32 si afferma il divieto del lavoro minorile
(ovvero sino alla ”età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte
salve le norme più favorevoli ed eccettuate deroghe limitate”) e la
necessità di “protezione dei giovani sul luogo di lavoro”. All’art.33
vengono espressamente sancite la tutela “contro il licenziamento per un
motivo legato alla maternità e il diritto ad un congedo di maternità
retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio”.
Va richiamato in particolare il terzo comma dell’art.34 che
afferma: “Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione
riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza
abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non
dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto
comunitario e le legislazioni e prassi nazionali”.
Ed ancora la carta si sofferma - nello stesso capo IV - su
sicurezza sociale e assistenza sociale, protezione della salute, tutela dell’ambiente,
protezione dei consumatori.
Significativa appare la previsione dell’art. 41 (“Diritto
ad una buona amministrazione” - Capo V “Cittadinanza”): “Ogni
individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo
imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli
organi dell’Unione.
Tale diritto comprende in particolare:
- il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima
che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi
pregiudizio;
- il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo
che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del
segreto professionale;
- l’obbligo per l’amministrazione di motivare le
proprie decisioni.
Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della
Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio
delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti
degli Stati membri.
Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione
in una delle lingue del trattato e deve ricevere una ricevere una risposta nella
stessa lingua.”
9. Le competenze dell’Unione
Secondo quanto previsto dall’art.8 del progetto di
Costituzione - nel testo approvato dal Presidium della Convenzione - “la
delimitazione e l’esercizio delle competenze dell’Unione si fondano sui
principi di attribuzione, sussidiarietà, proporzionalità e cooperazione leale”.
Cosa si debba intendere per ciascuno di tali principi lo
indica lo stesso articolo.
Attribuzione: “l’Unione agisce nei limiti delle
competenze che le sono conferite dalla Costituzione al fine di realizzare gli
obiettivi da essa stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione
dalla Costituzione appartiene agli Stati membri”.
Sussidiarietà: “nei settori che non sono di sua
esclusiva competenza l’Unione interviene soltanto se e nella misura in cui gli
obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione
in questione, essere realizzati meglio a livello di Unione”.
Proporzionalità: “il contenuto e la forma dell’azione
dell’Unione non vanno al di là di quanto sia necessario per il raggiungimento
degli obiettivi della Costituzione.”
Cooperazione leale: “l’Unione e gli Stati membri si
rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti
derivanti dalla Costituzione”.
Si afferma nel primo comma dell’art. 9 che “la
Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio
delle competenze che le sono attribuite dalla Costituzione stessa hanno
prevalenza sul diritto degli Stati membri”.
Ed al sesto ed ultimo comma dello stesso articolo si afferma
il principio per cui “l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi
Stati membri legata alla loro struttura fondamentale e alle funzioni essenziali
di uno Stato, segnatamente la sua struttura politica e costituzionale, compresa
l’organizzazione dei poteri pubblici a livello nazionale, regionale e locale”.
L’art.10 del testo proposto dal Presidium stabilisce il
significato e la portata delle diverse categorie di competenze. Ed allora (primo
comma) laddove ci si riferisce alla competenza esclusiva dell’Unione in un
determinato settore “l’Unione è l’unica a poter legiferare e adottare
atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri non possono farlo autonomamente
se non previa autorizzazione dell’Unione”. Laddove in uno specifico
settore si tratta di una competenza condivisa tra Unione e Stati membri “l’Unione
e gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare e adottare atti
giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro
competenza soltanto se e nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la
propria” (secondo comma).
Afferma ancora l’art.10 che l’Unione ha competenza “per
il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri” e “per
la definizione e l’attuazione di una politica estera e di sicurezza comune,
compresa la definizione progressiva di una politica comune di difesa”.
È evidente che il termine utilizzato nel testo elaborato dal
Presidium di “definizione progressiva” con riguardo alla politica
comune di difesa indica quelle incertezze, oscillazioni e contraddizioni su cui
abbiamo già avuto modo di soffermarci, e che le stesse incertezze e
contraddizioni escono - come è evidente - ingigantite dal tumultuoso e
bellicoso avvio dell’anno 2003, dalla volontà di guerra imposta dagli USA ad
una parte dei Paesi europei, dalla minaccia di esercizio del diritto di veto in
sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU da parte della Francia di Chirac, da
una situazione internazionale sicuramente difficile.
Vengono elencate nel testo che sarà sottoposto all’esame
degli organismi dell’Unione Europea una serie di materie in cui l’Unione
dovrebbe avere competenza esclusiva. Tale elencazione (ed anche l’ordine in
cui le materie vengono collocate) evidenzia in modo sin troppo palese l’impronta
genetica che l’Unione si porta appresso, ed anche il segno ideologico e di
classe che la caratterizza.
Si tratta:
- dei “settori della libera circolazione delle
persone, delle merci, dei servizi e dei capitali”;
- della “definizione delle norme di concorrenza nell’ambito
del mercato interno”;
- dell’unione doganale;
- della politica commerciale comune;
- della “politica monetaria per gli Stati membri che
hanno adottato l’euro”;
- della “conservazione delle risorse biologiche del
mare nel quadro della politica comune della pesca”;
Ed ancora “l’Unione ha competenza esclusiva per la
conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in
un atto legislativo dell’Unione, è necessaria per consentire all’Unione di
esercitare le sue competenze a livello interno o riguarda un atto interno dell’Unione”.
Per quanto riguarda le competenze condivise il testo proposto
dal Presidium della Convenzione [1] è il seguente.
“Le competenze condivise tra l’Unione e gli Stati
membri si applicano ai seguneti settori principali:
- mercato interno
- spazio di libertà, sicurezza e giustizia
- agricoltura e pesca
- trasporti
- reti transeuropee
- energia
- politica sociale
- coesione economica e sociale
- ambiente
- sanità pubblica
- protezione dei consumatori
Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e
dello spazio, l’Unione è competente per condurre azioni, segnatamente l’attuazione
di programmi, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per
effetto di vietare agli Stati membri di esercitare la loro.
Nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto
umanitario, l’Unione è competente per avviare azioni e condurre una
politica comune, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere di
vietare agli Stati membri di esercitare la loro.”
In generale sull’esercizio delle competenze condivise nel
testo si afferma che “qualora l’Unione non abbia esercitato o cessi di
esercitare la sua competenza in un settore soggetto a competenza condivisa, gli
Stati membri possono esercitare la loro”.
Sono altresì elencati i settori in cui l’Unione “può
svolgere azioni coordinamento, di integrazione o di sostegno”:
- occupazione;
- industria;
- istruzione, formazione professionale e gioventù;
- cultura;
- sport;
- protezione dalle calamità.
10. L’Europa e gli Stati nazionali. Tra devoluzione e poteri dell’Unione
Nell’affrontare l’argomento della ripartizione della
potestà legislativa tra organi dell’Unione e organismi degli Stati nazionali
e con riguardo al concetto di sussidiarietà verticale (quella per cui l’organismo
di livello superiore interviene sul piano dell’amministrazione solo laddove l’organismo
di rango inferiore - anzi l’organismo che ha una competenza territoriale più
limitata - non è in grado di esercitare un’azione adeguata) si tratta di
fenomeni che vediamo riprodursi anche all’interno degli Stati nazionali tra
Stato, Regioni ed autonomie locali.
E cioè: il processo di integrazione europea procede
parallelamente all’intensificarsi di un fenomeno (che non è solamente
italiano), ovvero quello dell’ampliamento nei confronti dello Stato nazionale
centrale delle competenze delle entità regionali, locali e municipali.
In tal senso si collocano, ad esempio, il processo di
devolution che ha caratterizzato la Gran Bretagna di Blair e la riforma
costituzionale varata sul finire della precedente legislatura in Italia (riforma
che è stata sottoposta a referendum confermativo ai sensi dell’art.138 della
Costituzione ed approvata nell’ottobre 2001, e che ha riguardato l’intero
titolo V della parte II della nostra carta costituzionale) [2].
Più in generale si può affermare che i processi di
integrazione internazionale dei mercati e l’omologazione culturale che
caratterizza questo scenario ha generato negli ultimi anni e continua a generare
conflitti profondi - ed anche in alcuni casi particolarmente cruenti e
sanguinosi - derivanti dall’arroccamento (spesso tinto da connotazioni
reazionarie, fondamentaliste, xenofobe) nel localismo più esasperato, con una
esaltazione acritica delle peculiarità culturali ed etniche - spesso inventate
di sana pianta - e con una ricerca di sicurezza ed identità, che si pone da
contraltare al terremoto prodotto dalla cosiddetta “globalizzazione”.
Ed un altro fenomeno si muove parallelamente: quello per cui
la forza e lo spazio della politica, la capacità di governo “politica” dell’economia
e dei fenomeni sociali, l’ambito della cosa pubblica cedono il passo di fronte
alla forza dirompente, incontrollata, deregolata dei mercati, dei poteri
economici e finanziari.
Il vecchio Stato che eravamo abituati a conoscere appare come
assediato dalla globalizzazione dei mercati e della finanza, dalle regole
imposte dai grandi potentati economici, dalla richiesta di spazi più ampi che
viene dai municipi e dagli enti locali e regionali, dalla cultura del
superamento del welfare, dall’insofferenza verso i “lacci e laccioli”
con cui la sfera pubblica tende a condizionare il “libero” svolgersi
delle dinamiche economiche e le “naturali” leggi del mercato, dalla
riduzione del grado complessivo di rappresentanza degli interessi che la
semplificazione del gioco democratico - il mix sempre crescente di principio
maggioritario e presidenzialismo - tende a produrre.
Vediamo così il formarsi di una catena che va dall’Europa al comune, in
cui ogni anello cerca di muoversi per conto proprio, e di una risistemazione dei
poteri e delle competenze ancora molto frammentaria ed in tanti casi
improvvisata e pasticciata.
11. Le istituzioni dell’Unione
Nell’art.14 del testo proposto dal Presidium [3] si prevede che
“l’Unione dispone di un quadro istituzionale unico che mira a:
- perseguire gli obiettivi dell’Unione,
- promuoverne i valori,
- servire gli interessi dell’Unione, dei suoi cittadini
e dei suoi Stati membri, nonché a garantire la coerenza, l’efficacia e la
continuità delle politiche e delle azioni da essa condotte al fine di
raggiungerne gli obiettivi.
Tale quadro istituzionale comprende:
- Il Parlamento europeo,
- Il Consiglio europeo,
- La Commissione europea,
- La Corte di giustizia dell’Unione europea,
- La Corte dei Conti.”
Al di là dell’elencazione dell’insieme degli organismi
che compongono il quadro istituzionale europeo, è evidente che con riguardo
alle funzioni, ai poteri, al ruolo di ciascuna delle suddette istituzioni, e con
particolare riferimento a quello che concerne Parlamento, Consiglio e
Commissione, lo scontro sia accesissimo, e che dall’esito del dibattito
intorno al ruolo dei diversi organi ed al corrispondente equilibrio che potrebbe
determinarsi dipendono grado di integrazione, velocità del processo unitario,
livelli di indipendenza del nuovo soggetto politico.
Allo Stato - questo articolo viene chiuso intorno al giorno
20 del mese di maggio 2003 - non si può che richiamare le posizioni assunte a
fine aprile 2003 dal Presidium della Convenzione, pur essendo certi che
modificazioni, mutamenti di rotta, mediazioni non saranno solo possibili ma
praticamente certi e che sino al varo definitivo della Costituzione le diverse
posizioni (di cui molto sommariamente abbiamo riportato qualche riflesso)
difficilmente troveranno un assetto definito e compiuto.
Al momento quello che appare sacrificato - nell’Unione di
oggi e, sia pure con qualche importante ma insufficiente miglioramento, nel
dibattito sulla Costituzione da varare e quindi sull’Europa di domani - è il
ruolo del Parlamento europeo, di cui si può ben vedere la quasi irrilevanza
anche nell’ambito del percorso costituente, percorso rispetto al quale è già
avuti modo di sottolineare l’anomalia ed il difetto di partecipazione
democratica e popolare. Ed infatti il dibattito è certamente più attento al
peso reciproco di Consiglio e Commisione, alla composizione della Commissione,
al meccanismo di nomina ed ai poteri del Presidente dell’Unione (o addirittura
del super-presidente, come i media amano dire).
È un meccanismo - quello teso a ridurre importanza e ruolo
dell’organismo parlamentare - che costituisce purtroppo una costante, e quindi
non soltanto italiana, del dibattito politico-istituzionale dei nostri giorni,
sia che si parli di Europa, sia che ci riferisca agli Stati nazionali, sia che
si guardi alle autonomie locali (con l’elezione diretta dei Sindaci) oppure
alle regioni (non è un caso l’uso e l’abuso del termine di “governatore”
riferito da noi al Presidente della Regione).
Ed infatti nel testo proposto dal Presidium la funzione
legislativa è esercitata dal Parlamento europeo “congiuntamente al
Consiglio”. Inoltre il Parlamento europeo esercita “funzioni di
controllo politiche e consultive secondo le condizioni stabilite dalla
Costituzione. Esso elegge il Presidente della Commissione europea” [4].
[1] Testo trasmesso alla Convenzione in data 6
febbraio 2003.
[2] Ai cui contenuti la
nostra rivista ha dedicato ampio spazio (vedi Proteo, n.3/2000 e n.1/2001).
[3] Questa parte
del testo è stata inviata alla Convenzione il 23 aprile 2003.
[4] Si
tratta del primo comma dell’articolo 15, nel testo proposto dal Presidium
della Convenzione.