Questa forma contrattuale ha ormai occupato una parte
considerevole del mercato del lavoro anche se si tratta di un tipo di contratto
che non ha ancora una chiara normativa di riferimento (come ad esempio nelle
collaborazioni occasionali) o alla insufficiente chiarezza e incertezza di
quella presente (come nei contratti di collaborazione coordinata e
continuativa).
I lavoratori coordinati e continuativi hanno elementi
distintivi molto diversi tra di loro soprattutto con riguardo all’area
territoriale in cui vivono, al genere, alla loro età. I Co.Co. Co non hanno in
comune neppure il tipo di professione svolta, anzi al contrario svolgono lavori
molto diversi. La diversità di professioni svolte fa sì che vi siano anche
diversità di reddito. Basti pensare alla differenza di reddito esistente tra il
pony express e l’operatrice di call center rispetto al consulente
aziendale o all’amministratore di società.
Infatti dai dati risulta che i giovani rappresentano la
fascia di Co.Co.Co con redditi minori (il 41% dei giovani fino a 24 anni non va
oltre i 3 mila euro di reddito annui), mentre gli anziani hanno maggiori
possibilità economiche in quanto spesso usano questo tipo di contratto come
aggiustamento di un altro impiego o della pensione.
Dalla Tab. 10 emerge chiaramente che i lavoratori atipici al
2002 sono circa 6 milioni e rappresentano oltre il 27% degli occupati.
È interessante la tabella 11 che evidenzia i lavoratori
Co.Co.Co. (nel 2002 rappresentano circa il 40% degli atipici), distinti per
sesso, classi di età, titolo di studio, ripartizione geografica e settore di
attività; i valori si riferiscono a gennaio 1999.
Gli occupati part-time crescono dal 1997 al 2000 del
36% anche se l’incidenza del lavoro part time sull’occupazione è inferiore
alla media europea (cfr. Tab.14 per l’anno 1999).
Per quanto riguarda la composizione del lavoro part-time
risulta essere l’agricoltura il settore con la più alta percentuale di
lavoratori (16,3%); vi è poi il commercio (14%) e i servizi di mercato (12,2%).
Nel 2002 i lavoratori part-time a tempo indeterminato sono
circa il 16% degli atipici, mentre quelli a tempo determinato sono circa il 7,5%
di tutti i lavoratori atipici. È interessante rilevare che nel settore pubblico
la forma di part-time più estesa è quella “fino al 50%” dell’orario
standard (61%).
Nel 2002 i lavoratori part-time sono stati 1.870.000 unità,
(il 75% è rappresentato da donne).
Il lavoro interinale, è stato introdotto con il
Pacchetto Treu; nel 1998 erano autorizzate 34 società, nel 2000 sono arrivate a
52 unità, attualmente sono 69, con un totale di 2.114 filiali distribuite nel
territorio nazionale [1].
Le imprese che si servono del lavoro interinale si trovano
soprattutto nel Nord del Paese, (più del 40% nel Nord Ovest).
Va ricordato che l’utilizzo del lavoro interinale non è
appannaggio delle imprese maggiori ma anzi è molto diffuso tra le imprese di
piccola e media dimensione (cfr. Tab.17).
[1] Il Ministero del lavoro (cfr. www.minwelfare.it) a
febbraio 2003 segnala che gli sportelli attivi in totale sono 2.208.