La via alle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. Un’indagine statistico-aziendale
Luciano Vasapollo
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Con la proposta del Reddito Sociale Minimo si può iniziare
una seria lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale, aggiungendo una serie
di altre iniziative a connotato di giustizia fiscale e distributiva, con forti
contenuti e finalità di redistribuzione della ricchezza sociale prodotta dal
lavoro.
Le risorse finanziarie ci sono e sono disponibili per il
rafforzamento di un Welfare State non più e non solo della cittadinanza, ma
di uno Stato Sociale che oltre a redistribuire reddito socializzi l’accumulazione
del capitale, distribuisca cioè ricchezza derivante da incrementi di produttività
che sono andati ad esclusivo vantaggio del capitale e non del lavoro; allora
tali risorse finanziarie devono essere prelevate attraverso una seria e decisa
tassazione dei capitali nelle sue diverse forme (tassazione dei capitali
finanziari e speculativi, tassazione dell’innovazione tecnologica, tassazione
del capital gain), lanciando in tal senso, inoltre, una campagna di iniziativa
politico-economica internazionale e di civilità che realizzi la cosiddetta Tobin
Tax, cioè la tassazione dei trasferimenti di valuta all’estero, tassazione da
utilizzare esclusivamente a fini sociali, ambientali, occupazionali e per finanziare
il Reddito Sociale Minimo per disoccupati, precari e non garantiti.
Tobin Tax e Reddito Sociale Minimo
James Tobin, premio nobel per l’economia nel 1981, è considerato
un forte sostenitore del pensiero keynesiano. La tassa di cui parliamo prende
il suo nome proprio perchè fu il primo economista ad evidenziare la diversificazione
del rischio come motivo inerente la razionalità degli investitori. La Tobin
Tax nella sua formulazione originaria prevede una regolamentazione dei cambi
e una tassazione di tutte le transazioni di capitale finanziario a carattere
speculativo, che però è possibile realizzare soltanto attraverso una mondializzazione
delle intese fiscali per non sminuire la sua portata attraverso la fuga dei
capitali verso i cosiddetti paradisi fiscali.
Come CESTES-PROTEO ci diciamo disponibili e abbiamo aderito
all’organizzazione non governativa ATTAC (Azione per una Tobin Tax di aiuto
ai cittadini) che si è costituita da pochi giorni per imporre ai governi e alle
organizzazioni economiche internazionali l’applicazione appunto della Tobin
Tax.
Nonostante l’idea iniziale di James Tobin fosse di venticinque
anni fa, e che si sono detti nel tempo disponibili alla sua attuazione anche
personaggi politici, economisti ed istituzioni che spesso hanno avuto seria
responsabilità sull’imposizione a livello planetario della globalizzazione finanziaria
neoliberista, noi pensiamo che la tassazione delle transazioni speculative (si
pensi che quotidianamente circa 1.500 miliardi di dollari vengono trasferiti
con tali modalità e circa il 90% di tali transazioni hanno durata che non supera
i quattro, cinque giorni) se avvenisse anche con aliquote differenziate in funzione
della durata dell’operazione, disincentivando fortemente gli investimenti di
breve periodo, realizzerebbe diverse centinaia di miliardi di dollari l’anno
che la comunità internazionale potrebbe gestire a fini sociali, sanitari, ambientali,
di lotta alla povertà e di forte incremento occupazionale.
Dal nostro punto di vista però, i proventi derivanti dalla
Tobin Tax dovranno essere utilizzati esclusivamente a fini socio-ambientali,
per creare occupazione e da destinare al Reddito Sociale Minimo per disoccupati
e precari. Inoltre la gestione di tali fondi derivanti dall’applicazione della
Tobin Tax non può essere effettuata da quegli organismi internazionali (come
il Fondo Monetario Internazionale) che sono invece proprio i veicolatori di
quel modello neoliberista a forti connotati di economia finanziaria che, oltre
a rendere sempre più marcato il divario Nord-Sud sta ulteriormente peggiorando
le condizioni di vita delle stesse popolazioni ad industrialismo avanzato.
La Tobin Tax, insieme alle altre modalità di tassazione dei
capitali (capital gain, innovazione tecnologica, ecc.), diventa così risorsa
fondamentale per finanziare un progetto di Reddito Sociale Minimo, e non solo,
che oltrepassando le frontiere italiane, rappresenti una proposta forte di politica
economica che interessa non l’Europa di Maastricht ma un’Europa sociale e del
lavoro, assumendo anche caratteristiche internazionali.
Tale battaglia può contribuire ad opporsi ai processi di finanziarizzazione
dell’economia, agli accordi multilaterali sugli investimenti (tipo l’AMI) e
a combattere le forme di privatizzazione del welfare (che ad esempio attraverso
i fondi pensione e assistenziali contribuiscono alla speculazione finanziaria
e all’abbattimento dello Stato Sociale); essa può inoltre essere indirizzata
verso principi di giustizia fiscale e distributiva che possano colpire gli enormi
profitti accumulati, gli enormi incrementi di produttività, sottraendoli all’ingordigia
dell’accumulazione di capitale, per rilanciare investimenti produttivi capaci
di creare occupazione.
Si tratta di lanciare un’offensiva di quel mondo culturale,
politico, sindacale, dell’associazionismo di base, di tutte quelle forze che
non accettano le compatibilità e l’omologazione dei principi politico-economici
neoliberisti basati sulla cultura delle privatizzazioni del patrimonio pubblico,del
welfare,del sociale,un’offensiva politica,sociale ed economica che sappia legare
la riduzione gneralizzata dell’orario di lavoro, la creazione di nuova occupazione
di produzioni non necessariamente a caratttere mercantile, la tassazione dei
capitali per socializzare la ricchezza complessiva, il riconoscimento
del Reddito Sociale Minimo per disoccupati e precari, il rafforzamento dello
Stato Sociale della distribuzione dell’accumulazione, in un nuovo modello di
sviluppo a forti connotati di eco-socio-compatibilità fuori-mercato.