Si pongono al riguardo alcuni quesiti di ordine politico-economico
quali:
a. Quale potrà essere il ruolo dello Stato e del sistema politico
in un’economia di mercato?
b. Il soddisfacimento di interessi collettivi deve tener conto
ed evitare una possibile degenerazione burocratica?
Questa impostazione che vede nella privatizzazione e nella
scelta del sistema concorrenziale l’unica soluzione ai problemi di servizi pubblici
a volte inefficienti, produce solo comportamenti finalizzati a raggiungere livelli
sempre maggiori di competizione senza tener conto che esistono forme di fallimento
del mercato in cui ha ragione d’essere l’intervento dell’azione statale: una
di queste è proprio rappresentata dall’esistenza dei beni pubblici.
Tutto ciò non fa altro che ripercuotersi sul mondo del lavoro
con la conseguente tendenza a forme di precariato e di temporaneità dell’occupazione
che a loro volta generano forme nuove di sfruttamento del lavoratore.
2. Enti locali e privatizzazioni
In senso lato per privatizzazione si intende il passaggio dei
diritti di proprietà esercitati su di un’impresa dalle mani dello Stato alle
mani di privati che ne assumono la gestione. Si tratta, in genere, di particolari
attività proprie dello Stato di benessere (sanità, previdenza, scuola, etc.).
Ne deriva anche una privatizzazione del pubblico impiego che comporta che i
rapporti di lavoro con le Pubbliche Amministrazioni passino dal diritto pubblico
al diritto civile.
Nel caso dei servizi pubblici il termine ha acquistato una
particolare enfasi dal momento che essa si riferisce ad attività tradizionalmente
rientranti nei compiti dell’ente pubblico locale sulla base di una consolidata
tradizione anche politica.
La legge n° 142/90 introdusse importanti novità legislative
tra le quali quelle relative alla gestione dei servizi pubblici locali. Tale
legge infatti delineò, anche se non in maniera completa, un sistema di gestione
dei servizi pubblici che, accanto alle tradizionali forme della gestione diretta
e di quella in concessione a terzi, prevedeva la possibilità di affidamento
anche a società miste pubblico - privato.
Successivi interventi legislativi hanno stabilito la possibilità
che le società miste potessero essere anche a maggioranza privata fino a prevedere
la trasformazione delle aziende municipalizzate in aziende speciali e poi in
vere e proprie società di capitali.
Il recente disegno di legge sulla riforma dei servizi pubblici
locali sembra volersi dare alcuni obiettivi dichiarati:
l) il miglioramento dell’offerta di servizi pubblici locali
e la precostituzione delle condizioni che assicurino servizi efficienti, una
quantità e una qualità adeguate alla domanda, a costi il più possibile contenuti,
garantendo l’universalità e la continuità della prestazione; servizi
insomma che meglio assolvano la funzione sociale e di supporto
allo sviluppo che deve essere loro propria;
2) la creazione di un mercato concorrenziale
fra gli operatori dei servizi pubblici locali;
3) il rafforzamento strutturale del sistema dei servizi pubblici
locali attraverso il raggiungimento di dimensioni ottimali di impresa e il coinvolgimento
di capitali privati per la realizzazione degli investimenti infrastrutturali
di cui il settore ha necessità.
Sembra difficile, però, poter conciliare i fattori ora sottolineati:
l’universalità e la continuità della prestazione, e la conseguente funzione
sociale della prestazione, male si accorda con una visione concorrenziale del
mercato.
I principi fissati nel provvedimento sono infatti:
- l’affidamento del servizio esclusivamente in base a gara
pubblica cui possono partecipare solo società di capitali, senza
vincoli territoriali, con limiti predefiniti di durata degli affidamenti stabiliti
in modo da risultare non inferiori al periodo necessario alla realizzazione
di un coerente piano di investimento e non superiore al periodo di completamento
dell’ammortamento;
- la separazione contabile interna alle società in caso di
più servizi gestiti nello stesso territorio;
- la trasformazione in società di capitale delle
aziende pubbliche.
In realtà l’aumento di efficienza e produttività è solo illusorio,
in quanto risulta molto difficile stabilire un nesso tra proprietà dell’azienda
e sua efficienza: gli indicatori tipici dell’efficienza e della produttività
aziendale non sono mai trasportabili dal privato al pubblico e viceversa sulla
base di semplici criteri quantitativi [1].
In particolare le trasformazioni investono gli enti locali
puntando ad un nuovo modello di Stato che comporta necessariamente lo smantellamento
dello Stato sociale: tale processo si fonda essenzialmente sulle privatizzazioni
ed è fortemente collegato a quel processo di decentramento che va sotto il nome
di "Federalismo". Il processo vede la redistribuzione dei poteri istituzionali
con l’individuazione di regioni e Comuni quali soggetti di riferimento (con
importanti qualificazioni delle Province per funzioni di programmazione in alcuni
settori specifici).
Quali sono in Italia i servizi pubblici locali? Ci si può riferire
ai soli servizi per i quali esiste per legge un diritto di gestione esclusiva
da parte degli Enti locali (ad esempio la gestione dei rifiuti e dei servizi
cimiteriali) oppure si possono considerare i casi di intervento degli Enti locali
nella produzione di servizi. Qui il campo si allarga molto comprendendo servizi
a rete, socio-assistenziali, educativi, culturali, farmaceutici e via dicendo.


Le competenze di regioni, provincie e comuni possono essere
riassunte nella seguente tabella:
Gli obiettivi dello Stato nel settore dei pubblici servizi,
che sono servizi di pubblica utilità, resi alla collettività spesso in regime
di monopolio, sono:
- la tutela degli interessi collettivi, intesi come qualità
e continuità dei servizi, libertà di accesso e parità di trattamento per gli
utilizzatori, diffusione del servizio sull’intero territorio nazionale;
- il perseguimento di "obiettivi nazionali di politica
economica e industriale" ai sensi della legge 474 del 1994 [2].
Sempre secondo la legge 474 i settori portatori di questi interessi
collettivi e nazionali sono quelli della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni,
delle fonti di energia e degli altri pubblici servizi.
Il recente Testo Unico degli Enti locali [3] stabilisce che gli enti locali,
ossia "i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane,
le comunità isolane e le unioni di comuni", provvedono alla gestione dei
servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte
a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle
comunità locali. Questi servizi, definiti appunto "servizi pubblici locali"
possono essere gestiti:
- in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche
del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o un’azienda;
- in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche,
economiche e di opportunità sociale;
- a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più
servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;
- a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali
senza rilevanza imprenditoriale;
- a mezzo di s.p.a. o s.r.l. a prevalente capitale pubblico
locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, qualora
sia opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio
la partecipazione di più soggetti pubblici o privati;
- a mezzo di s.p.a. senza il vincolo della proprietà pubblica
maggioritaria.